Note sulla decadenza della Chiesa cattolica

Settembre 2017

Decadenza: progressiva diminuzione di vitalità ed efficienza di un’istituzione o persona, che può portare alla fine o alla trasformazione della medesima.
Nel ‘900 si notano numerosi esempi del fenomeno decadenza, a livello politico, culturale, etico e perfino letterario. Il “decadentismo” rientra, com’è noto, in quest’ultima ipotesi. Vari episodi di decadenza economica, politica e culturale appaiono nella seconda metà del secolo; tra i più importanti quello che precedette la caduta dell’Unione Sovietica e dell’economia socialista alla fine degli anni ‘80, il tracollo del colonialismo dopo la seconda guerra mondiale con sparizione dei cosiddetti imperi coloniali, l’ultima fase dell’età “industriale”, durata un secolo e mezzo e sostituita attorno agli anni ’70 – ‘80 da quella “post-industriale”, basata sulla conoscenza scientifica applicata alla produzione.
Molti indizi fanno pensare che una crisi grave stia investendo un’istituzione millenaria, la Chiesa cattolica. Tale crisi, date le vaste implicazioni, può costituire uno dei disagi culturali più importanti del nostro tempo. Nell’interpretazione offerta da questo articolo essa discende in primo luogo dalle conquiste delle scienze nella seconda metà del XX secolo, perché le scienze hanno introdotto idee innovative sul rapporto uomo-cosmo, e rimosso l’idea di trascendenza, ossia che esista un mondo situato oltre l’esistenza, in una sfera metafisica assoluta.
E’ importante assumere questi passaggi come cause primarie della decadenza della Chiesa. Ricadono infatti fatalmente sulla ideologia e sulla struttura istituzionale di questa, provocandone una débacle constatabile anche attraverso manifestazioni esterne.
Pongo la domanda: si dà veramente nella Chiesa attuale un processo di decadenza dovuto a tali fattori, intervenuti, ripeto, nella seconda parte del XX secolo; che potrebbe portare ad una caduta o trasformazione radicale della millenaria istituzione?
Rispondo con le osservazioni che seguono. Riguardano il rapporto tra la Chiesa e le scienze, la discrasia tra la dottrina della Chiesa e le acquisizioni delle stesse, la caduta della fede sui temi indicati a livello dei membri della struttura ecclesiastica, la perdita d’influenza e potere della Chiesa nelle società contemporanee, la sua dissonanza rispetto ai valori dell’occidente attuale. Alcuni aspetti del processo in parte addirittura macroscopici, sono riassunti nelle note che seguono.
Tra le scienze che s’impongono nella seconda parte del XX secolo, tre si distinguono per i riflessi sulla “condizione umana”: l’astronomia, l’astrofisica e la cosmologia, integrate dall’esplorazione spaziale avviata con successo appunto in quella fase storica, oltreché dall’antropologia che studia la cultura umana nelle sue espressioni fondamentali.
Nell’epoca indicata la cosmologia dà risposte concrete al problema dell’origine dell’universo la cui nascita viene fatta risalire a 10-12 miliardi di anni fa in seguito ad un’esplosione definita big-bang. Nel 1929 Hubble scopre che l’universo è in espansione. Ma è nel 1964 che Harno Penzias e Robert Woodrow Wilson rilevano la radiazione cosmica di fondo a microonde che porta a un riconoscimento quasi unanime della teoria del big-bang. Quest’ultima impone un’immagine nuova del cosmo e chiarisce senza possibilità di dubbio che nel cosmo la specie umana occupa un posto minimale ed ha un rilievo oggettivo assolutamente trascurabile.
La cosmologia ci dice che la nostra specie è comparsa in un piccolo pianeta d’un sole del tutto secondario in un cosmo formato da miliardi di galassie diffuse in uno spazio infinito. Risolve cioè il rapporto uomo-cosmo in un modo diverso da come avveniva in un passato non lontano, escludendo ogni interpretazione biblica, mitica o narrativa di quel rapporto. Queste visioni sono dunque incompatibili con le conclusioni alle quali giungono le scienze ricordate, in particolare l’astrofisica e la cosmologia. Pensiero conseguente: che importanza può avere la nostra specie rispetto a un simile cosmo, come si pone l’uomo a fronte dell’immensità e indifferenza di tale entità? Ancora: Come si può pensare che in un quadro del genere un “creatore” possa avere mandato un profeta sulla Terra affidandogli nientemeno che la “salvazione” dell’uomo? Aporia evidente che abbatte la credibilità della Chiesa la quale si dichiara tramite privilegiato di tale processo. Il pensiero teologico è travolto dalla prospettiva cosmica raggiunta nel XX secolo. La teologia, precedentemente annoverata tra le professioni, è esclusa dallo scibile valido per la scienza, viene falsificata la narrazione esoterica della salvazione. Concetto che nessuna delle scienze affermatesi nel XX secolo ha convalidato e che rimane affidato ad un’opzione fideistica priva di alcuna prova.
Le neuroscienze, sostenute dalla biologia molecolare, dalla biologia evolutiva, dalla scoperta del DNA e da altre discipline, abbattono tutte le concezioni animistiche della natura e dell’uomo. Nel XIX secolo l’antropologo Edward B. Tylor attribuì ai primitivi la tendenza a dare un’anima agli elementi della natura, al monte, al fiume, al vulcano, alla foresta, ecc. Platone introdusse l’idea che l’uomo abbia un’anima immortale e che esista un sito definito “iperuranio” (al di là del cielo) dove starebbero le essenze di tutte le cose. La Chiesa incorpora tale concezione nella dottrina della “vita eterna” e ne fa un caposaldo dottrinale articolato nelle idee di paradiso e di inferno. Le neuroscienze, sostituiscono all’anima il “cervello” e i meccanismi fisiologici di questo che diventano oggetti di ricerca sperimentale. Sono l’insieme degli studi condotti sul sistema nervoso utilizzando gli aspetti molecolari, cellulari, strutturali, cognitivi, evoluzionistici, computazionali del cervello, con l’aiuto di tecniche di neuroimaging funzionale, con l’aiuto di modelli teorici, simulazioni, approcci sperimentali. Esse pongono un’alternativa che elimina le mitologie fondate sulla mediazione tra il mondo terreno e un preteso ambito soprannaturale. Elimina l’idea stessa di trascendenza, nozione che ad essa è del tutto estranea. Con quali conseguenze per la Chiesa è facile immaginare, perché la Chiesa si è sempre presentata come un tramite necessario verso quel sito ideale, al quale attribuisce una realtà oggettiva e riconduce addirittura il “senso” della vita umana.
Nella cultura digitale la comunicazione tra realtà diverse non ha bisogno d’intermediazioni se non di tipo tecnologico. La funzione di mediazione perde di conseguenza le sue applicazioni. Il sacerdote, inteso da Herbert Spencer come colui che possiede linguaggi atti a mettere a contatto gli uomini con le entità soprannaturali, è ridotto ad un ruolo del tutto marginale. La confessione, istituzione centrale per la Chiesa, perde ogni valore psicologico e sociale. Era un potente mezzo di controllo che sfugge ormai dalle mani del clero. La trascendenza è in filosofia e teologia, l’affermazione d’ una realtà posta al di là del mondo visibile, al quale si contrappone con un’intenzione dualistica. Il termine ha avuto molte applicazioni storiche ma nella sostanza significa che esiste un mondo al di là dell’esperienza sensibile e della percezione umana.
Se il mondo ultraterreno è messo in discussione, perché dovrebbe esservi un ‘entità alla quale il credente può affidare la propria “salvezza” in quel mondo?
Accade che i membri più riflessivi della struttura religiosa, almeno in parte, non credano più all’esistenza d’un ambito trascendente dove le anime arriverebbero dopo la morte. Conseguenza di ciò la domanda: chi è disposto a sacrificare alla “vita eterna” le possibilità della vita terrena, i desideri, i piaceri, le esperienze, le passioni, in vista d’una presunta eternità? Io “sacerdos” dovrei sacrificare la mia vita ad uno scopo non dimostrabile? Uscire dalla Chiesa è difficile, tanto vale che mi affidi alla sfera terrena nel senso esistenziale del termine, purché le cose che faccio non siano note a chi mi deve controllare. La deduzione può facilmente condurre alla bramosia di carriera e di denaro, alla pedofilia, a piaceri proibiti e così via. Appaiono infatti sempre più frequentemente nei media episodi di corruzione, abusi sessuali, affarismo, avidità di denaro, coperti dalla veste religiosa. Si forma su questi temi un gossip insistente che mina la credibilità della Chiesa e ne oscura la funzione spirituale. La fine della trascendenza può tradursi nella disgregazione d’una struttura che nella trascendenza trovava un fondamento apparentemente razionale.
La cultura occidentale moderna è tutta rivolta al godimento della vita, all’affermazione del sé, all’autorealizzazione, favorita dalle tecnologie avanzanti, dai mutamenti del costume, dalla valorizzazione della natura e dell’ambiente. Ciò rende incomprensibili comportamenti quali la penitenza, l’auto-punizione, la negazione dell’individualità in chiave ultramondana; raccomandati dalla Chiesa fino ad epoche recenti e ancor oggi considerati vie di accesso alla vita eterna. Assistiamo perciò alla caduta del sistema repressivo della Chiesa, fatto di anatemi, scomuniche, divieti, censure alle attività sensoriali ed edonistiche, proibizioni di letture, spettacoli, interpretazioni secondo la chiesa non ortodossi. Conseguenza: l’indifferenza generalizzata verso il sistema di controllo comportamentale attuato per secoli dalla Chiesa, con evidente perdita di potere da parte di questa.
Esistono rimedi a tale situazione? Uno è ormai noto perché enunciato con dichiarazioni pubbliche in circostanze diverse: il ritorno al “pauperismo”, all’etica di San Francesco. Col termine sembra intendersi la rinuncia alle ricchezze e la condivisione della vita degli strati più umili della società. La Chiesa annuncia un new deal rivoluzionario del sistema cattolico? Ipotesi coraggiosa e simbolicamente attraente, ma fronteggiata da un ostacolo insuperabile: il capitalismo odierno nelle sue forme concrete. Per cui caldeggiare idee pauperistiche significa mettersi contro l’assetto economico dominante, alla concezione che la ricchezza non è un peccato. Altro elemento ostativo ancora più importante: l’etica che dice, godiamo la vita in tutte le sue espressioni, conosciamo i nostri limiti, sappiamo che si muore ma proprio per questo cerchiamo di vivere al meglio, cogliendo tutte le possibilità di sviluppo che ci vengono offerte. La cultura attuale in occidente va in questo senso, lo vediamo nello welfare, nella corsa al benessere, nella sessualità aperta, nella liberazione della donna, nella musica, nelle arti visive, persino nella gastronomia in continua ricerca di nuove sensazioni e piaceri. Ecco il più serio ostacolo al “rimedio” sopra immaginato. Vorrei dire che il rimedio con la sua eterodossia rispetto alla cultura dominante rivela più chiaramente che mai la gravità della crisi in cui si trova la Chiesa cattolica.