DONALD, THEODORE E IL GRANDE GRIZZLY AMERICANO

Molti osservatori ritengono che Donald Trump sia una personalità diversa e peggiore rispetto agli altri presidenti degli USA. Con questo articolo penso di poter configurare invece una somiglianza significativa tra Donald Trump e Theodore Roosevelt, il XXV presidente degli Stati Uniti. Non mi riferirò alla carriera politica di Theodore Roosevelt né alle sue attività presidenziali. Mi occuperò invece dei suoi aspetti comportamentali che a mio avviso furono altri rispetto a quelli dei presidenti che lo hanno preceduto o almeno dalla gran parte di essi e segnarono un’epoca, l’inizio del XX secolo.

Un primo aspetto di questa differenza riguarda il carattere aggressivo  e conflittuale dell’uomo Theodore Roosevelt. Amava la boxe e riteneva corretto fare a pugni con chi lo sfidava, anche fuori gli ambiti in cui si svolgeva la sua funzione di presidente. Theodore ebbe un occhio ammaccato da un pugno ricevuto, cosa evidentemente inconsueta per un presidente. A proposito del pugilato Theodore si espresse così nella sua autobiografia: “Ho dovuto lasciare sia la boxe che il wrestly perché durante un allenamento un giovane capitano di artiglieria mi ha colpito gravemente un occhio rompendomi tutti i capillari e da allora ho avuto la vista offuscata. Fortunatamente era il mio occhio sinistro se fosse stato il destro non sarei più stato in grado di sparare. In quel  momento ho capito che era meglio accettare la mia età e smettere con la boxe” .

Un altro aspetto della personalità di Theodore Roosevelt è quello che riguarda il modo di relazionarsi con gli avversari. E’ famosa la massima con la quale il presidente consigliava di usare il bastone con gli antagonisti per ridurli alla sua volontà. Il bastone non è una carezza.

Caratteristiche simili possiamo trovare in Trump anche se molto attenuate. Quest’ultimo preferisce i rimbrotti, le umiliazioni inflitte agli interlocutori, le intimazioni a tacere fatte ai giornalisti con lui non benevoli, il rifiuto di rispondere alle loro domande, le accuse di falsità. Sono note le forme assunte dal confronto elettorale tra Trump e Hillary Clinton, segnate da un’asprezza inconsueta e da un linguaggio pesante, anteriormente non usato dagli aspiranti al posto di presidente.

Una convergenza esemplare tra i due personaggi troviamo sul punto: primato degli USA nel mondo, egemonia USA nella politica e nell’economia del pianeta. E’ paradigmatica a questo proposito l’idea che Theodore aveva del grizzly americano, l’orso delle foreste, l’animale selvaggio che a suo parere doveva rappresentare l’America, con la sua ferocia e capacità di dominio.

Theodore descrive così l’uccisione di un grande orso nel libro  Hunting Trips of a Ranchman e la narrazione dice molto sul personaggio e la sua mentalità egemonica. “Non dimenticherò presto il primo che ho ucciso. Avevamo scoperto dove si era nutrito della carcassa di un alce; seguii le sue tracce in una  pineta … mentre silenziosamente e lentamente ci infilavamo nella parte più fitta, vidi che Merrifield, che era direttamente davanti a me, sprofondò improvvisamente in ginocchio e fece un mezzo giro con la faccia in fiamme per l’eccitazione. Armando il mio fucile e avanzando rapidamente, mi trovai faccia a faccia con il grande orso, che era a meno di 25 metri di distanza. Era stato svegliato dal suo sonno dal nostro arrivo: si mise a sedere nella sua tana e girò lentamente la sua enorme testa verso di noi. A quella distanza e in un posto del genere era necessario ucciderlo o disabilitarlo al primo colpo; la mia faccia era bianca, ma la canna blu era stabile come una roccia mentre lo guardavo, fino a che non vidi la sommità dell’orso in  modo chiaro tra i due occhi dall’aspetto sinistro; mentre premevo il grilletto mi spostai dal fumo emesso per essere pronto se mi avesse caricato; ma era inutile perché il grande animale stava lottando nell’agonia della morte e come si vedrà quando porterò a casa la sua pelle, il foro del proiettile nel suo cranio era esattamente tra i suoi occhi come se avessi misurato la distanza con uno strumento da carpentiere. Questo orso era lungo quasi nove piedi … ognuno dei miei altri orsi che erano più piccoli aveva bisogno di due proiettili a testa; Merrifield ha ucciso ognuno dei suoi con un solo colpo”.

A Theodore Roosevelt fu affibbiato dalla stampa il nome di Teddy Bear quando nel 1902 durante una battuta lungo il fiume Mississipi si rifiutò di sparare ad un esemplare adulto di orso bruno della Lousiana. L’orso era già stato braccato dai cani e legato ad un albero dagli assistenti del presidente, pronto per essere abbattuto. Roosevelt s’indignò dicendo che da parte sua sparare a un orso in quelle condizioni non sarebbe stato sportivo e tuttavia ordinò che l’orso fosse ucciso per non farlo ulteriormente soffrire.

Per Theodore il grizzly in posizione eretta e minacciosa poteva essere l’immagine simbolica degli Stati Uniti e degli Americani. Quest’immagine riflette l’idea che Theodore aveva degli USA, vedeva cioè in questa potenza un alto grado di aggressività e di volontà egemonica che era inutile nascondere.

Queste caratteristiche del presidente che ha dominato la scena all’inizio del XX secolo, si trovano ora attenuate in Donald Trump, che le esprime in una diversa forma e in un modo direi più moderato. Rivelano che in entrambi i personaggi è presente l’idea che gli USA siano una potenza destinata a dominare le altre. Theodore ha espresso questa convinzione nella forma esplicita sopra accennata, Donald attraverso la dichiarazione più volte ripetuta American First, American First.

Quelle di Donald non sono dunque originalità esclusive dell’attuale presidente, ma orientamenti che già Theodore Roosevelt aveva espresso, ora riemerse in Donald con una spontaneità inconfondibile, come un modo di essere di ogni presidente vigoroso ed efficiente. Dirà la storia se ciò sia un bene o un male, un fenomeno che durerà o che cesserà con Donald  Trump.

Novembre 2018