AUTOCOMMENTO AL SAGGIO L’UNIVERSO E NOI. COSMOLOGIA ED ESISTENZA ALLA FINE DEL XX SECOLO, Franco Angeli Editore, 25 anni dopo la pubblicazione avvenuta nel 1994

Nel 1991 pubblicai con Laterza L’uomo senza certezze e le sue qualità, nel quale sostenevo che l’idea di certezza stava abbandonando la cultura occidentale e che l’uomo senza certezze era migliore del suo predecessore ideologico-dogmatico. Nel 1994 uscì L’universo e noi per l’editore Franco Angeli. Nel Prologo sostenevo che “il decennio ’80 (del XX secolo) segnava il passaggio verso un tipo d’uomo diverso da quello che aveva dominato la società occidentale dall’inizio del secolo in avanti”. Si trattava d’un soggetto che proponeva idee quali impermanenza, complessità, irreversibilità, impredicibilità, mutamento continuo. Ciò aveva uno stretto legame con la cosmologia, teoria del cosmo emersa nella seconda parte del XX secolo. Questa scienza rendeva inevitabile il transito dell’uomo occidentale ad una concezione relativistica della vita e del mondo.

Venticinque anni dopo si può capire se questa analisi fosse corretta ed è questo lo scopo dell’articolo qui presentato. La risposta è sì, lo era. La cosmologia sta arrivando alla comprensione della gente comune. Il fatto che siamo solo un piccolissimo evento in un enorme universo evolutivo sta determinando l’avvento d’un uomo di nuovo genere. Idee come assoluto, certezza, valore indiscutibile sono in piena crisi, le ideologie sono cadute, le religioni di salvazione vengono abbandonate, le proposte cognitive sostenute solo sa deboli prove ripiegano su sè stesse, s’impone una nuova visione della condizione umana. E’ evidente che quest’ultima è irrimediabilmente problematica, segnata dalla necessità di risolvere problemi sempre nuovi. Si può constatare l’avvento d’ una mentalità relativistica che considera il mondo, la vita umana e il pensiero come condizionati, incerti e problematici, non più comunque ancorabili a qualche certezza.

Ecco infine la domanda: quali sono i veri bisogni dell’uomo nella situazione che si è creata?

Nel saggio del 1994 la risposta: Attività, Conoscenza, Comunicazione, Intimità.

Attività: una cultura attenta ai termini reali della condizione umana deve vedere nell’attività il mezzo basilare attraverso il quale la specie tutela la propria sussistenza. Via la contemplazione, via la mistica, niente di trascendente ci aiuta. Azione, invece, strettamente legata al coraggio di vivere.

Conoscenza: la conoscenza che serve soprattutto è quella scientifica, basata su metodi sperimentali. Nel momento in cui l’universo ci presenta la sua nuova identità il bisogno di conoscenza diventa per la specie umana più impellente che mai.

Comunicazione: l’unica comunicazione che conta è quella che ci fa capire i problemi degli altri e crea una collaborazione ideale tra colui che trasmette e colui che riceve, per risolvere insieme i problemi della vita. Andare verso una società capace di sostituire l’attuale desiderio di dominio con un desiderio forte di scambio intersoggettivo.

Intimità: Appena affacciato sulla visione cosmica l’uomo capisce quanto sia importante quella parte del sé che per essere segreta e separata dal segreto degli altri è definita l’intimo. Necessità dell’intimo significa che diventano obiettivi primari della nostra azione le persone che amiamo.

Da tutto questo deduco l’attualità del saggio pubblicato 25 anni fa. Chi ha compreso il significato profondo del rapporto uomo-universo arriva oggi come allora alla conclusione indicata.

In questo lungo periodo, l’interpretazione del mondo e di noi stessi ha avuto una sola contraddizione rilevante: il terrorismo di matrice religiosa. E’ stato un’estrema invocazione dell’assoluto che ha prodotto. come tutti sanno, effetti terribili. Tale fenomeno ha intersecato i 25 anni, ma non ha interrotto il percorso relativistico della cultura occidentale, oggi più che mai evidenti.

Agosto 2019.