Se ancora una volta i burocrati salgono in cattedra. Scuola, riforma in stallo – Articolo apparso sul Corriere della Sera l’11 aprile 2001
Una delle aree in cui, nel grande corpo degli insegnanti, è visibile lo scontro tra “professionisti” e “burocrati”, è quella del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (Cnpi). L’incidenza di tale scontro sulle vicende recenti della riforma della scuola, nota come “Riordino dei cicli”, si è manifestata nei giorni scorsi a livello della definizione specifica dei curricula.
Com’ è noto, il riordino dei cicli prevede una nuova suddivisione dell’impianto scolastico : tre anni di scuola d’infanzia, un ciclo di base di sette anni (che unifica con articolazioni interne scuola elementare e scuola media), un ciclo secondario di cinque anni. La riforma, si badi, è stata approvata con il parere favorevole del Cnpi. Il 21.12.2000 il Parlamento ha approvato il Piano di Attuazione, che ha deciso l’avvio della riforma per la prima e la seconda classe del ciclo di base dal prossimo settembre. Il tassello mancante era appunto la definizione specifica dei curricula. Il Cnpi sembra aver bloccato questo passaggio, e le motivazioni profonde dell’alt sarebbero molto più burocratiche che professionali; riguarderebbero cioè soprattutto il problema degli organici, la preoccupazione che questi ultimi vengano ridotti.
Il Cnpi è stato riformato con un recente decreto legislativo (d.l. 30.06.1999 n. 233) che ha istituito gli organi collegiali seguenti: a livello centrale, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione; a livello regionale, i Consigli Regionali dell’Istruzione; a livello locale, i Consigli Scolastici locali. Il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e i Consigli Scolastici Provinciali e Distrettuali, restano però in carica fino all’insediamento dei nuovi organi collegiali, non ancora avvenuta. E’ perciò operante il Cnpi, organismo composto da 74 Consiglieri in carica, espressione dei Sindacati e delle Associazioni professionali, più alcuni soggetti designati dal Cnel e rappresentanti delle scuole non statali. Nella mancata approvazione del Piano di attuazione del riordino dei cicli, è opinione diffusa abbia operato non una preoccupazione di tipo meritocratico o di effettiva rappresentanza dei professionisti; ma la richiesta di ampliamento degli organici, la quale fa capo a quei Sindacati che considerano la scuola come un inesauribile serbatoio di posti.
Sembra che il ministro Tullio De Mauro abbia inviato una lettera ai membri del Cnpi in cui fa intendere che l’Amministrazione sarà molto aperta nell’accettare i suggerimenti del Cnpi medesimo, dimostrando in tal modo un forte interesse all’avvio della riforma. Può darsi che ciò dia luogo ad un cambiamento di posizione da parte di certe componenti, in vista di una ragionevole soluzione del contrasto. Quest’ultimo è tuttavia rivelatore d’una situazione che sembra destinata a durare, dato che le competenze del futuro Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione sono sostanzialmente analoghe a quelle del Cnpi, mentre il nuovo organo (36 componenti) comprende un livello elettivo (15 membri) che sarà presumibilmente dominato dai Sindacati, un livello di esponenti del mondo della cultura (15 membri) nominati dal Ministro ed estranei al mondo concreto dell’insegnamento, più 3 membri eletti dalle scuole di lingua tedesca, di lingua slovena e della Valle d’Aosta e 3 membri nominati dal Ministro in rappresentanza delle scuole pareggiate, parificate, ecc.. La componente professionale della scuola – che si contrappone nettamente a quella burocratica nel tentativo di fare della scuola un’istituzione “professionale” – ha ragione di preoccuparsi di una situazione siffatta. Ed è perciò comprensibile la tendenza, che negli ultimi tempi sembra guadagnare consensi, verso la costituzione d’un Ordine degli Insegnanti, analogo agli Ordini delle professioni intellettuali, che assicuri agli Insegnanti l’autonomia che è propria del vero lavoro intellettuale a livello di organi collegiali di rappresentanza. L’elusione del modello professionale è costata molto cara agli insegnanti italiani. Proprio il problema degli organi collegiali, finora risolto con criteri burocratici calati dall’alto, rivela questo altissimo costo.