Scienza e nuovo capitalismo. Quattro scenari per il Nord Est – Articolo apparso sul Corriere del Veneto il 10 novembre 2004
In un saggio che uscirà tra breve, ho indicato il capitalismo che verosimilmente si svilupperà dopo la sfida cinese come hypercognitive capitalism. Cosa vuol dire? – Che in seguito alla rivelazione della grande capacità cinese di applicare ogni sorta di scienza e tecnologia e di servirsene in chiave competitiva, lo sviluppo economico dipenderà dalla Scienza in una misura molto più radicale di quanto sia avvenuto negli ultimi decenni del XX secolo.
La vocazione iper-scientifica del nuovo capitalismo ha un’importanza rilevante per il Nord-est italiano. Vorrei tratteggiare qualche probabile effetto del nuovo corso, applicandolo in via di ipotesi al nostro Nord-est: Vediamo dunque alcuni scenari che si prospettano per il futuro prossimo:
1) Si avranno profondi cambiamenti nella figura dell’imprenditore. Il capitalismo ipercognitivo implica il tramonto dell’imprenditore avventuroso, coraggioso ma incolto, che ha avuto fortuna negli ultimi trent’anni. Esso indurrà un forte avvicinamento tra la figura imprenditoriale e quella professionale perché le due figure si riveleranno contigue nel loro inevitabile rapporto con la conoscenza. Cosa importante: il ceto imprenditoriale potrà costituire una sezione dei knowledge workers, rappresentarne cioè la parte più direttamente collegata ai fenomeni economici.
2) Cambierà il significato del termine “produzione”. Per essere un produttore significativo non sarà più sufficiente produrre una cosa qualsiasi: occorrerà produrre qualcosa di “nuovo”. Vi sarà pertanto una forte convergenza tra l’innovatore e il produttore. La produzione ripetitiva sarà minoritaria e poco significante nelle economie competitive. Per appartenere al club dei paesi avanzati sarà necessario saper realizzare una produzione costantemente rinnovabile.
3) Il vero motore dell’impresa sarà il “centro di ricerca”. Sparirà la fabbrica di tipo tayloristico. L’impresa coinciderà con l’agenzia che inventa senza tregua nuovi prodotti o servizi; per far questo essa ricorrerà all’inventività e alla creatività di uomini dotati d’un serio impianto intellettivo. La delocalizzazione del settore esecutivo aumenterà, fino a lasciare nel Nord-est solo il cervello direttivo e creativo delle imprese. E questo sarà determinante per la buona salute dell’impresa.
4) Il rapporto di dipendenza si trasformerà in rapporto di “collaborazione”. L’imprenditore dovrà farsi aiutare dai cervelli che offrono al mercato nozioni ed idee di nuovo tipo. Fatalmente cambierà la struttura del lavoro, nel senso che – con la caduta del lavoro manuale – vi sarà largo spazio per il lavoro autonomo, all’interno dell’impresa, ma anche all’esterno. I rapporti di lavoro che sorgeranno dovranno essere molto diversi dagli attuali rapporti di collaborazione (Co.Co.Co o Co.Co.Pro) che non danno garanzie al lavoratore intellettuale. La collaborazione dovrà essere attuata con criteri non solo intelligenti ma equi, ed economicamente corretti. La sociologia del lavoro sarà spinta a inventare, e la politica a disciplinare, una nuova forma di collaborazione, in guisa che il rispetto per i lavoratori intellettuali sia proprio di ogni impresa che tiene al proprio avvenire.
Oso pensare che se una qualche applicazione di simili linee produttive avesse luogo nel nostro Nord-est, quest’ultimo potrebbe affrontare più tranquillamente la sfida cinese, come qualunque sfida, per quanto temibile, si presentasse nei prossimi venti-trent’anni.