COMMENTO AL SAGGIO DI KYLE HARPER IL DESTINO DI ROMA Clima, epidemie e la fine di un impero, Einaudi 2019

La tesi proposta da Kyle Harper (docente di lettere classiche nella University of Oklahoma) nel saggio indicato, è la seguente: la durata complessiva dell’impero romano, da Romolo alla fine, va dall’VIII secolo a. C. al V secolo d.C. Causa fondamentale della caduta fu il cambiamento climatico unito alle malattie infettive. William Mc Neill, scrive Harper, nel suo studio Plagues and Peoples (La peste nella storia) ha anticipato questa tesi : una serie di fattori naturali e geopolitici hanno reso possibile la circolazione dei germi infettivi provocando alla fine la caduta del gigante.

La tesi di Harper passa attraverso un’analisi minuziosa dei periodi nei quali i fenomeni distruttivi si produssero, con periodi di resilienza – cioè di reazione e di riorganizzazione – fino al crollo definitivo dell’impero. Il primo di tali momenti fu all’epoca di Marco Aurelio quando una pandemia interruppe l’espansione economica e demografica del sistema. Il secondo nel III secolo quando siccità, pestilenza e disordine politico portarono alla prima frana dell’insieme. Il terzo tra la fine del IV  secolo e l’inizio del V quando la forza di coesione dell’impero fu definitivamente spezzata. Nell’età di Giustiniano, con origine a Costantinopoli, si ebbe infine la pestilenza forse più grave e irrimediabile, e dunque conclusiva.

E’ di grande livello intellettuale il capitolo intitolato “L’età più felice”, l’epoca degli Antonini, nella quale si realizzò l’optimum climatico romano, al quale corrisponde la capacità di governo dell’impero affidata ad un’élite senatoriale in grado di dirigere le trenta legioni che vigilavano sulla sicurezza interna ed esterna, l’aumento della popolazione, la capacità di approvvigionamenti delle città e di Roma, lo sviluppo dell’agricoltura, ecc.

“Nel corso del I secolo, un impero costruito con conquiste militari si presentava come un ambito territoriale unificato attraverso un sistema di entrate fiscali razionali seppure eterogenee. Di tanto in tanto l’esercito romano riprendeva a organizzare qualche campagna di conquista su larga scala, ma la maggior parte della sua attività era di natura difensiva e potrebbe descriversi come un misto di ingegneria civile e di  sorveglianza locale.” (pag. 76) Ma, scrive Harper, una pestilenza si abbatte su questo sistema. Secondo l’autore si trattava di vaiolo. Il fatto che esistevano grandi città, la mancanza d’igiene, il caldo dei periodi estivi e altre causali di contagio, provocarono l’infezione. Anche la malaria si diffuse ad ampio raggio.

L’autore elenca tutte le epidemie conosciute nel periodo. Dal 65 a.C.  al 148 d.C.  si registrarono nell’impero gravissime pestilenze. Tra la metà e la fine del 168 d.C.  la pandemia detta peste antonina colpì con violenza le truppe stanziate ad Aquileia, diffondendosi poi in tutto il mondo. L’esercito stesso fu devastato. Si trattava di peste e di vaiolo.

Dopo gli Antonini si afferma la dinastia dei Severi, durante la quale si nota una nuova fioritura culturale ed economica. Sotto la dinastia dei Severi l’impero recupera il proprio equilibrio. Ma verso la fine di quel periodo dinastico ecco una nuova pestilenza. Il bilancio delle vittime è pesante. “Verso la metà del III secolo si disintegrò il sistema difensivo del Reno, attorno al 256 d.C. Franchi e Alemanni razziarono le ricche province della Gallia; di fatto nell’arco di una generazione, quel territorio fu preda di grandi saccheggi” (pag.187).

Ancora una ripresa sotto l’imperatore Aureliano (270-275 d.C.) e verso la fine del IV secolo l’impero era ancora in piedi. Diocleziano nei suoi venti anni di governo (284-305 d.C.) fece molte riforme e introdusse la tetrarchia. Nel frattempo si manifestava una mutazione climatica e apparivano nuove epidemie.

Durante il regno di Giustiniano nell’impero di Oriente (dal 527 al 565 d.C.) scoppiò quella che fu chiamata Yersinia pestis trasmessa dai ratti. Si manifestava con febbre e con un bubbone rigonfio. Quando le vittime non morivano subito, apparivano in tutto il corpo delle pustole nerastre, a tale fase seguiva la morte. La peste si estese al nord Africa, alla Spagna, all’Italia, alla Gallia, alla Germania, alla Britannia e si portò via metà della popolazione. “La prima pandemia durò dall’arrivo della Y.  pestis, nel 541, al suo ultimo ruggito nel 749.” (pag. 298)

La tesi di Harper è sostenuta da una narrazione brillante, ricca di riferimenti storici, di biografie di grandi personaggi come Galeno, letterariamente sontuosa. La prosa è di prim’ordine. La tesi proposta scatenerà un dibattito perché attribuisce a cause naturali patogene ciò che altri teorici della caduta dell’impero romano hanno attribuito a ragioni politiche. Il punto di vista dell’autore è riccamente motivato. Il saggio Il destino di Roma introduce nell’interpretazione della caduta dell’impero romano un elemento nuovo che non è possibile ignorare.

Luglio 2019