Commento al saggio di YUVAL NOAH HARARI, HOMO DEUS Breve storia del futuro, Bompiani, 2019

Il poderoso saggio che vorrei commentare è dovuto a Yuval Noah Harari docente presso la Hebrew University di Gerusalemme, già autore del bestseller Sapiens. Da animali a dei. Nella seconda metà del XX secolo – dice Harari – l’umanità è riuscita a tenere sotto controllo carestie, pestilenze e guerre. Nel XXI secolo l’uomo è in grado di coltivare l’ambizione di essere dio, di trasformare l’homo sapiens in homo deus. Robotica, intelligenza artificiale e ingegneria genetica saranno poste al servizio dell’immortalità e della felicità eterna?  Sembra proprio di sì. L’autore infatti si domanda:  il genere umano rischia di rendere se stesso superfluo? Saremo in grado di proteggere il pianeta e noi stessi dai poteri divini che abbiamo acquisito? Nella visione di Harari i mezzi con cui l’umanità cercherà di conseguire le mete supreme sono la robotica, l’intelligenza artificiale e l’ingegneria genetica.  Tra questi mezzi l’intelligenza artificiale sembra essere il più importante, foriero di conseguenze estreme, tanto da rendere davvero possibile il transito della specie all’immortalità.

Dirò perché la predizione di Harari non mi convince.

Egli assume in Homo Deus il ruolo dell’ “intellettuale profeta” che lancia messaggi e predice il futuro in forma utopica. Tale figura è stata importante al tempo delle ideologie, ma con la caduta di queste ha esaurito la sua funzione. E’ una figura anacronistica. La reviviscenza di essa nel nostro autore in  un’epoca come la nostra in cui il successo di un’idea dipende largamente dalla sua realizzabilità, a me pare fuori luogo. In Homo deus il facile intellettualismo di Harari è evidente.

Non è vero che nel XXI secolo l’uomo si senta dio. Ha constatato un forte miglioramento della sua condizione, questo sì, ma è ben lontano dal sentirsi divino. Attribuirgli tale convinzione è del tutto arbitrario.

La migliorata condizione ottenuta da una parte dell’umanità potrebbe regredire perché legata a variabili tuttora pendenti come situazioni geopolitiche del tipo conflitto tra USA e Cina, già ben visibile ai nostri giorni o eventi catastrofici sopravvenuti. L’improvviso mutamento delle condizioni di fatto in cui viene a trovarsi la specie umana non è nuovo nella storia. Perciò piuttosto che predire il futuro attraverso ipotesi nate dalla propria immaginazione è meglio cercare di costruirne i presupposti in termini di miglioramento progressivo. E’ comunque bene mettere da parte certe esagerazioni che in Harari sembrano macroscopiche. Il saggio dell’autore mi sembra pericolosamente basato proprio su queste.

Settembre 2019